Proseccaster
Costruzione di una Strato... per Bacco!
La Strato é, e rimarrà sempre la mia preferita. Quindi, dopo avere portato a suonare Opera
Prima, Xcalibur e Tele, mi sentivo pronto per provare a fare qualcosa che non solo suonasse, ma fosse
esteticamente piacevole.
E' sempre una questione di gusti personali, ma le chitarre con la tastiera intarsiata mi hanno sempre intrigato
molto, e quello che la Les Paul, l'eterna rivale della Strato, poteva vantare in più esteticamente dal punto di
vista dei materiali, era il magnifico top in acero "flame" della Standard.
Quindi ho iniziato a pensare ad un body Strato con un top di acero "flame", si poteva fare,
ma gran parte della marezzatura sarebbe stato coperto dal battipenna... avrei dovuto eliminarlo, ma come?
Finalmente l'idea: si poteva ricavare il battipenna direttamente dal top in acero? Ok, proviamo!
Quindi mi sono procurato il legno: top in acero "flame", per i motivi di cui sopra, body
in frassino, che mi ricordava la mia prima Strato degli anni '70, purtroppo non sono riuscito a procurarmi dello
"swamp ash", il che alla fine ha influenzato il peso finale dello strumento, ma, a questo punto,
pesante per pesante, tanto valeva fare il figo, e per il manico mi sono procurato una bellissima tavola di
acero occhiolinato, e infine tastiera in palissandro, dato che non mi piacciono le tastiere verniciate.
Mi sono disegnato l'intarsio della tastiera, che sarebbe stato un lungo tralcio di vite, dal tacco
fino al capotasto, con frutti e fogle disposti strategicamente a segnare i tasti.
Ovviamente, con queste premesse, e vivendo io nel cuore di Proseccoland, il nome dello strumento poteva non
essere Proseccaster?
Come al solito, non disponendo di una bindella, dopo avere unito le due metà del body in frassino, ho sgrossato
con la giapponese il contorno, per facilitarmi l'opera di fresatura. Oltretutto utilizzo gli scarti laterali,
fissandoli ad una tavola di MDF o di truciolare, per costruire un piano d'appoggio di "contorno" al body,
che mi consenta di appoggiare la fresa all'estrno, in modo da mantenerla perfettamente alla stessa altezza del
body. Ecco il body sgrossato, poi fresato, compresi gli scassi, nella fase in cui ho iniziato a piallare
l'arm contour, e infine con i fori di alleggerimento.
Ora la lavorazione del top, che non è stata priva di complicazioni, come si vedrà. Ho prima unito le due metà,
incollandole "a libro" (bookmatched, per i filoanglofoni), e fin quì tutto bene. Poi ho "ritagliato" dal top la
porzione che avrebbe dovuto fungere da battipenna, e qui non è stato semplice con il traforo eseguire
un taglio preciso lungo le linee, soprattutto considerando che non si parla di multistrato di betulla, ma
di ben 6 mm di solido acero marezzato. Alla fine, con molta pazienza, sono riuscito a tagliare il pezzo con
una precisione sufficiente da ottenere, anche una volta levigati i bordi, uno spazio accettabilmente sottile tra la
tavola e il battipenna.
I veri problemi sono iniziati quando ho tentato di convincere il top di 6 mm di acero a piegarsi per seguire
la forma dell'arm contour. Il primo tentativo è stato quello di piegarlo a caldo...
ma 6 mm di un top di acero non sono i 2 mm di una fascia di chitarra classica o acustica,
quindi la piega non è stata perfetta. Ho anche scavato delle scanalature, per
renderlo più malleabile, ed ho fatto anche il tentativo di inumidirlo con acqua calda e morsettarlo al body,
sperando che, ascugandosi, prendesse la forma, ed alla fine sono riuscito ad arrivare ad una piega, ma...
la piega non era perfettamente combaciante e, soprattutto, ho fatto l'errore, prima di piegarlo, di tagliare e
fresare il top seguendo la dima del body, non considerando che, una volta piegato, il contorno sarebbe risultato
più stretto del body. Quindi, una volta incollato, non solo non aderiva perfettamente sui bordi, a causa della
piega non perfetta, ma risultava pure più stretto rispetto al bordo del body!
Dopo vari, e vani, tentativi di convincere l'acero ad essere elastico e a lasciarsi tirare e allungarsi fino al
bordo del body, alla fine ho ceduto: ho tagliato e scollato la parte finale del top, l'ho sostituita con
un pezzo di acero sufficientemente largo, ed ho coperto la giunta con un intarsio non previsto nel progetto
originale. Soluzione poco elegante dal punto di vista della pulizia di costruzione, ma funzionale ai fini del risultato.
Anche perchè poi avevo ancora un bel po' da sudare con il manico.
Come dicevo, per il manico mi ero procurato un bel pezzo di acero occhiolinato. Molto bello... ma DURISSIMO!
Sgrossare il manico prima di fresarlo è stata una fatica improba. Neanche a dirlo, senza bindella, il primo
tentativo è stato fatto con il traforo elettrico, montando delle lame nuove e molto taglienti.
Il risultato è stato che le lame nuove sono invecchiate precocemente (nel giro di un paio di minuti o giù
di lì), e ho dovuto fare il lavoro con la giapponese sui lati lunghi, riprendendo in mano il traforo elettrico
solo per lo scontorno della paletta ed al costo di un'intera confezione di lame. Dopo molto sudore finalmente
sono arrivato al punto di poter fresare, e anche qui l'acero ha dato filo da torcere, opponendosi fieramente
alla fresa che cercava di convincerlo a diventare un manico come si deve.
Ma chi la dura la vince, e finalmente.... Ecco la foto della prima prova del manico (prima che decidessi di
intarsiare il top).
Nella seconda foto i fori per le meccaniche, fatti con la dima che vedete, autocostruita. Il funzionamento
della dima è molto semplice: il listello di mdf avvitato serve per definire la distanza del foro dal bordo
della paletta, quindi il primo foro viene fatto togliendo il tassello dalla dima e forando attraverso il foro
che vedete indicato dalla freccia. Il primo foro è quello più vicino al capotasto. Dopo di che si infila
nuovamente il tassello nella dima, e lo si infila nel primo foro fatto sulla paletta, e si fora nuovamente
attraverso il foro indicato dalla freccia, poi si sposta il tassello nel secondo foro e così via fino al sesto
foro (ovviamente si sarà capito che la distanza tra il foro e il tassello nella dima corrisponde esattamente
alla distanza che devono avere le meccaniche sulla paletta, in questo modo i fori risultano tutti perfettamente
allineati ed alla giusta distanza l'uno dall'altro).
Nella terza foto il manico con i fori per le meccaniche ed i truss rod installato. La paletta è stata solo
parzialmente ridotta di spessore, e sarà portata al giusto livello dopo avere incollato la tastiera.
Ora l'intarsio vero e proprio. Per prima cosa naturalmente ho tagliato sulla tavola di palissandro gli
slot per i tasti, in maniera da avere il definitivo corretto riferimento.
Poi ho coperto con nastro carta i tasti dove andavano posizionati le foglie, i grappoli e gli altri
elementi che fungeranno da segnatasti, e ho incollato con una goccia di cianoacrilica i pezzi sul nastro
carta, secondo la composizione che dovranno avere. Una volta soddisfatto della composizione,
ho tracciato il contorno dei pezzi sul nastro carta con una matita 0,5, e poi con la punta del bisturi
l'ho ritagliato.
A questo punto ho tolto la porzione di nastro carta ritagliata, con il pezzo incollato sopra,
lasciando sulla tastiera il resto del nastro, ottenendo la maschera dello scasso che alloggerà la tarsia.
In passato avevo fatto questa cosa senza usare il nastro carta, direttamente sul legno,
ma con il nastro carta è tutto molto più semplice: nel caso in cui si volesse riposizionare qualche pezzo
prima di fare gli scassi, basta sostituire il nastro carta e reincollare, il contorno a matita è molto
più visibile sul nastro che sul palissandro, e la maschera durante la fresatura è molto più evidente e visibile.
Quindi ho proceduto a fare gli scassi, usando il bisturi, un piccolo scalpello da 2 mm e il dremel con il
supporto autocostruito che si vede nella foto. Questo supporto non è raffinato come quello in alluminio
venduto da un famoso fornitore statunitense, ma fa la sua funzione e, soprattutto, non è fissato
direttamente al dremel, ma al mandrino con la prolunga flessibile, quindi il tutto è molto più leggero
e maneggevole, cosa non secondaria in lavori che richiedono precisione.
Una volta posizionati e scavati gli alloggiamenti per i segnatasti, è giunto il momento di realizzare il
tralcio che li unirà lungo tutta la tastiera.
Per fare questo ho aggiunto del nastro carta lungo quello che sarà più o meno il pecorso del tralcio,
ed ho iniziato a posizionare e ritagliare i vari pezzi di abalone che lo comporranno, avendo cura di
farli stare all'interno di ciascun tasto, in modo che una volta completato l'intarsio e installati
i frets, questi vadano a coprire le estremità di ciascun spezzone del tralcio, dando l'impressione di un
unico pezzo di abalone, senza interruzioni visibili (ho utilizzato la parola "frets" perchè in italiano
"tasto" indica sia la barretta metallica applicata alla tastiera che lo spazio tra due barrette metalliche,
e quindi la spegazione sarebbe risultata un po' confusa).
Con della cianoacrilica ho fissato tutti gli spezzoni di abalone al proprio posto, coprendoli per
sicurezza con del nastro adesivo trasparente, in maniera da avere la visione complessiva dell'intarsio,
poi ho iniziato uno ad uno a togliere il nastro e a scavare l'alloggiamento con la stessa tecnica usata per
i segnatasti, inserendoli a mano a mano al loro posto e fissandoli con del nastro adesivo trasparente,
in modo da mantenere sempre sott'occhio la visione complessiva dell'intarsio, ed evitare il rischio di creare
discontinuità nelle linee.
La sagomatura del manico, fatta a scalpello, vastringa e raspa, è stata anch'essa impegnativa, sempre a
causa della durezza dell'acero occhiolinato, e piuttosto delicata, perchè a volte lo scalpello o
la vastringa si impuntavano sugli "occhiolini", strappandoli via, tanta era la loro durezza.
Comunque alla fine il risultato finale è stato soddisfacente, ed anche il profilo del manico è risultato
molto comodo e maneggevole. Già che c'ero, ho intarsiato anche li logo sulla paletta, e dalla foto si può
vedere la bellezza di questo acero.
L'elettronica è stato un interessante esperimento. Avevo in un cassetto tre pickup che, nei primi anni
'80 avevo tolto dalla Fender Squier made in Japan che avevo comperato all'epoca. Il suono di questa
Squier non mi convinceva del tutto, troppo "sottile", poco "corposo", per cui, pensando che il problema
fossero i pickup giapponesi (solo dopo anni ho scoperto che sulle Squier made in Japan montavano
componentistica americana...), acquistai due pickup Fender (made in USA) ed un Seymour Duncan mini
humbucker che montai al posto dei pickup originali, col risultato brillante che... il suono era
rimasto assolutamente identico, tranne che, ovviamente, per il Seymour Duncan al ponte. Non avendo voglia
di rimettere le cose com'erano, i tre pickup smontati dalla Squier dal 1982 erano rimasti in un cassetto
per 35 anni, finchè, nel 2017 li tirai fuori per provare a montarli sulla mia nuova creatura.
Il risultato è stato entusiasmante: la chitarra aveva quel suono pieno che avrei voluto dalla Squier, pur
rimanendo brillante e vivace, un vero suono "stratocaster vintage". Da qui mi sono assolutamente
convinto che in uno strumento elettrico, checchè molti ne dicano, il 50% lo fanno i pickup, ma l'altro
50% è tutto e solo merito dei legni (non oso tirare in ballo la costruzione, dato che ritengo che
le mie capacità di "liutaio" siano comunque non all'altezza delle fabbriche che negli anni '80 in Giappone
costruivano per la Fender, stiamo parlando, ad esempio, di Tokai, che forse a molti non dirà nulla,
ma era un laboratorio che, almeno in quegli anni, sfornava strumenti costruiti con una cura che gli
stabilimenti di Fender-CBS non avevano più da almeno un decennio...).
E, per la cronaca, la differenza nel suono delle due chitarre non è frutto di una mia fantasia o di un
ricordo sfuocato: la Squier in questione è stata la mia chitarra per tutti questi anni, la possiedo
ancora, e ho fatto tutti i confronti diretti del caso: hanno due timbriche completamente diverse!
Per completare il discorso sull'elettronica, ho scelto una circuitazione PTB (copiata dalla G&L, sempre
frutto del genio di Leo Fender), che consiste in un controllo di volume e due di tono. Tutti e tre agiscono
su tutti i pickup, anche quello al ponte, e i controlli di tono lavorano uno in attenuazione degli
acuti, come da tradizione, mentre il secondo toglie un po' di bassi. Quest'ultima caratteristica
permette di ottenere un suono più secco, con dei bassi meno corposi e più definiti, ed è particolarmente
utile suonando con distorsioni "pesanti", perchè evita di avere quei bassi impastati, tipici del suono molto
distorto, rendendoli più definiti, puliti ed incisivi.
Che altro aggiungere? Niente, ecco a voi la Proseccaster finita.